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Antonio Meucci, inventore del telefono


La prima cosa che mi ha colpito di RENA è il nome. Come diceva un monaco, nel solo ideogramma “Giappone” ci sono tutti i fiumi, le montagne, le case, le persone, tutta la storia e la cultura di quel paese. Tutto è racchiuso in un unico ideogramma, in un solo simbolo che ne sintetizza l’essenza.
I nomi – dicevano i latini – rappresentano la natura delle cose. In sé i nomi racchiudono il loro destino.
L’associazione che qualche tempo fa ho deciso di appoggiare, diventandone membro, ha un nome in grado di scuotere con forza l’immaginario delle persone. Un nome che è in grado di far brillare lo sguardo di chi lo ascolta, proiettandone la mente verso un destino ambizioso, luminoso, positivo: si chiama RENA, ovvero la Rete per l’Eccellenza Nazionale. Questo nome sintetizza un progetto, andandolo a delineare nella mente e nei cuori delle persone con cui entra in contatto.
E quando qualcosa inizia ad esistere nelle mente comincia a prendere forma anche nella realtà.
RENA ha deciso di mettere l’accento su una parola nuova, chiara, evocativa. Una parola che porta con sé una nuova visione per l’Italia.
Italia paese dell’Eccellenza?
Italia come paese dell’Eccellenza? Noi pensiamo sia possibile, anzi che sia l’unica strada possibile.
Quella che sentiamo a noi maggiormente affine, quella che noi vediamo e sentiamo bruciare sotto la cenere, quella che aspetta di essere risvegliata. Una strada chiara e definita, tracciata tra i nostri sguardi e una stella verso cui far convergere le direzioni vitali di ognuno, le azioni di un popolo che aspetta di ritrovare una nuova positiva e trainante narrazione.
Abbiamo strenuamente bisogno di una nuova visione dell’Italia, di una nuova “identità condivisa”, che sia in grado di orientare le scelte, di discriminare tra una cosa e l’altra, mettendoci nelle condizioni di tracciare un percorso di uscita dalla secca in cui siamo da tempo incagliati.
Noi vorremmo contribuire ad affermare una “cultura dell’eccellenza” come ethos e telos comune, ovvero come nostra principale disposizione d’animo, carattere, temperamento, ma anche come una rinnovata teoria del vivere, una direzione verso cui tendere.
In definitiva vorremmo contribuire a riscrivere una nuova etica del paese, da troppo tempo appiattita su concetti assai meno nobili. E vorremmo che questa diventasse una nuova stella luminosa in grado di orientare un percorso comune.
Qualcuno dice che questa parola spaventa. Ma chi? E perché? Chi può essere attratto dal suo contrario? C’é forse qualcuno che vorrebbe pensare all’Italia come al paese della mediocrità?
Le forze della mediocrità
Nessuno, oseremmo dire. O forse qualcuno che non ama questo paese, qualcuno che spera che l’Italia si perda per sempre, per non ritrovarsi mai più. Ci sono forze che si muovono per soffocare sul nascere l’ascesa dei nostri talenti, altre che sono in grado di riconoscere le idee migliori e di valorizzarle in altri luoghi, per altre economie ed interessi.
Molti conoscono la storia di Antonio Meucci, immigrato fiorentino che morì in povertà a New York nel 1889 dopo essere stato defraudato del brevetto della sua invenzione, il telefono. Non tutti sanno che il progetto di Tim Berners Lee, oggi considerato uno dei padri fondatori di Internet, non fu ritenuto strategico per il CERN, allora diretto da Carlo Rubbia.
Vorremmo che queste storie non continuassero a ripetersi. Non vorremmo più vedere le nostre menti migliori abbandonare questo paese per mancanza di possibilità. Vogliamo invece segnare un nuovo passo, affermare nuovi valori, diffondere nuove parole, alimentare un nuovo immaginario.
Pensiamo che a troppi esponenti di questa classe politica non solo manchino l’onestà, il senso di responsabilità, lo spessore intellettuale, le capacità e le idee per ridare slancio a questo paese in un mondo che sta cambiando ad una velocità impressionante. Soprattutto, a questa classe politica manca una “visione” di cosa debba essere l’Italia nel futuro.
Detto in altre parole é fondamentale chiedersi in quale chiara e distintiva posizione l’Italia debba collocarsi per differenziarsi ed essere competitiva in una dimensione globale. Bene, noi di RENA pensiamo che ci sia una parola in grado di sintetizzare una nuova visione per l’Italia, una parola in grado di racchiuderne il destino. Questa parola è “eccellenza”.
Le nuove economie della reputazione
La decisione di andare in questa direzione – e con rapida determinazione – ci viene suggerita dalla stessa evoluzione tecnologica e sociale a cui stiamo assistendo. La società dell’informazione e dei network ha aumentato progressivamente lo scambio di conoscenza, accelerando spaventosamente le dinamiche evolutive dei mercati, dei sistemi politici e di quelli sociali.
Stiamo assistendo ad una revisione degli stessi concetti di base e dei valori che hanno orientato la società fino ad oggi: il diritto d’autore, l’identità, l’etica, l’estetica, la retorica, le forme di governo, la privacy, il commercio, l’amore, la famiglia. Noi stessi.
Lo sviluppo dei social network e la loro progressiva adozione nella vita quotidiana – oggi sempre di più anche in mobilità, grazie alla diffusione di cellulari sempre più evoluti e allo stesso tempo semplici da usare – alimentano il frenetico scambio di informazioni non omologate, generate dal basso dalle persone.
Si tratta di informazioni fruibili in mobilità, in ogni “momento” e “luogo”. Nuovi strati di “realtà aumentata”, di informazioni condivise che creano nuovi spazi di socialità, si sovrappongono alla nostra normale percezione e contribuiscono a modificare il nostro modo di vivere, di relazionarci con gli altri, di desiderare, di scegliere.
Tutto questo sta facendo emergere nuove “economie della reputazione” basate sull’autenticità e sulla trasparenza, sulla qualità, sull’onestà, su nuovi modi di intendere il valore, che mettono in crisi antichi e consolidati sistemi di potere. Una nuova etica del lavoro e della economia si sta affermando anche fra le imprese, in parte spinta dagli stessi consumatori che, diventati ormai informati e consapevoli, chiedono alle aziende comportamenti etici e responsabili.
Wikileaks é paradigmatico di un cambiamento epocale che investe anche la dimensione politica. Le rivoluzioni attivate e coordinate attraverso i social network ci devono far riflettere sulla possibilità di autorganizzazione delle “smart mobs”, le folle intelligenti.
Aziende, istituzioni, persone, partiti politici basati su dinamiche egoistiche e predatorie sono messi sempre più a dura prova dai commenti e dalle raccomandazioni in tempo reale su fatti, persone, prodotti, scelte politiche. Soluzioni sempre nuove e più intelligenti per gestire le cose e per trovare soluzioni ai problemi emergono di giorno in giorno dal fermento della rete, dallo scambio di idee dei lavoratori cognitivi. È la spinta propulsiva di quella che chiamiamo “intelligenza collettiva”.
Tuttavia, affinché le idee diventino soluzioni è necessario che vi sia un humus culturale e un sistema politico in grado di renderle organiche, di agevolarle, di finanziarle, di valorizzarle. In una dinamica sociale basata sulla “costante evoluzione” saranno favoriti i paesi che riusciranno a governare questa energia per garantirsi benessere economico, progresso civile e sociale, felicità diffusa.
Come praticare l’Eccellenza?
Per questo è necessario ritarare il sistema Italia iniziando a riflettere su come realizzare pratiche di eccellenza partendo dal nostro contesto socio-culturale, dal nostro passato, dal ruolo che decideremo di avere nel futuro. E’ necessario partire dalla riflessione su chi siamo e su dove vogliamo andare.
Cosa vuol dire “L’Italia come società dell’Eccellenza”? Come si declina questa parola ai vari livelli della società? È possibile farla riverberare questa come se fosse una parola d’ordine, come un mantra in grado di risuonare a tutti i livelli della società civile. Imprese, lavoratori, dirigenti e operai, scuole, università, lavoratori cognitivi, istituzioni: tutti possono decidere di puntare all’eccellenza nel proprio campo.
Ma prima di tutto dovremmo capire che cosa significa “eccellenza” in campo politico, economico, sociale, artistico. Per questo ci proponiamo di stimolare il dibattito su questa parola, per trovare una nostra via all’eccellenza.
È evidente che non si tratta di una parola neutra, rassegnata a lasciare le cose come stanno, che ammette di tollerare la permanenza nella palude in cui ci troviamo. Eccellenza significa puntare al meglio, alla qualità delle nostre produzioni industriali, tecnologiche, scientifiche, culturali, sociali, artistiche e civili. Eccellenza significa premiare il merito, lasciar posto a nuove forze più giovani, più fresche e dinamiche. Eccellenza significa intaccare i principi gerontocratici e familistici che imbrigliano le forze migliori del nostro paese, che ci legano a sistemi di potere che impoveriscono le nostre risorse, morali, economiche, ecologiche, intellettuali.
C’è una cosa che la Cina o altri paesi emergenti non ci potranno mai copiare: la bellezza dei nostri paesaggi, la poesia della nostra tradizione, i sapori delle nostre terre, la creatività dei nostri professionisti: le nostre eccellenze appunto, quelle che ci renderanno in futuro competitivi, quelle che assicureranno a noi e ai nostri figli e ai nostri nipoti il futuro che si meritano.
Eccellenza significa andare di pari passo con altre parole come merito, qualità, evoluzione. L’eccellenza deve essere bilanciata con la solidarietà, perché – per come la intendiamo noi – l’eccellenza non deve essere solo economica, o nascere da una cieca e insana competizione con l’altro. L’eccellenza non può avere il denaro come unica misura. L’eccellenza è e deve essere anche nell’animo, nei valori civili, nella solidarietà sociale. Eccellenti anche nel cuore, non solo nella mente.
Ora tocca a Noi!
Queste sono solo alcune riflessioni iniziali finalizzate ad alimentare il dibattito. Ora tocca a tutti noi dire “cos’è e come si raggiunge l’eccellenza” nei diversi campi che contribuiscono a determinare il futuro del nostro paese.
Non possiamo più stare a guardare, è arrivato il momento di “de-cidere”, ovvero di scegliere una strada. Questa strada sarà quella che ci permetterà un giorno di essere ringraziati o disprezzati. Ma almeno non saremo rimasti a guardare il nostro paese perdersi per non aver alzato gli occhi al cielo, per cercare e trovare una stella verso la quale rivolgere lo sguardo. Una stella forte e luminosa alla quale decidere di affidare il nostro destino.

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