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A giudicare dal trend dei livelli di disuguaglianza, il novero delle categorie di soggetti vittime della povertà anziché ridursi si è esteso a nuove categorie sociali prima considerate immuni dagli strali della disuguaglianza. Sia in Italia che negli USA esiste evidenza scientifica dell’enorme divario nella distribuzione del reddito: in Italia dieci italiani guadagnano quanto i 3 milioni di italiani più poveri, negli USA l’1% della popolazione ha più che raddoppiato i propri redditi negli ultimi trenta anni. E’ da questa consapevolezza che è originato il movimento We are the 99%. Qualcuno lo definisce il “quinto stato”, altri la “moltitudine”. Insomma è la “maggioranza oppressa”, la “massa dei diseguali”. Quelli che fanno numero per le riforme ispirate all’austerity, ma che poco riescono a incidere sulle decisioni reali attraverso i meccanismi della democrazia rappresentativa. Sicuramente non si tratta più di una minoranza oppressa come era il proletariato del ‘900 ed altrettanto indubitabilmente si tratta in molti casi di disuguaglianze inaccettabili (perché non trovano giustificazione in criteri di merito) che perdurano da tempo, ben prima che la crisi economica e finanziaria si abbattesse sulle economie occidentali (M. Franzini, Ricchi e poveri. L’Italia e le disuguaglianze (in)accettabili, Egea, 2010, p. 167).
Oggi qualunque politica pubblica che avesse di mira come proprio scopo ultimo la giustizia sociale e l’abbattimento del divario tra ricchi e poveri dovrebbe mirare ad abbattere la povertà non più limitandosi a redistribuire reddito o a temperare gli effetti della povertà con sistemi di welfare basati sul clientelismo assistenzialistico, bensì sviluppando pratiche capacitanti e liberatrici dal bisogno che favoriscono la mutualità, la reciprocità e l’investimento sulla ricchezza condivisa che rappresentano i beni comuni. Una persona individualmente povera che vive in una comunità coesa…. per leggere l’articolo completo clicca sul link.
* Questo articolo costituisce una versione ridotta dell’articolo “Giustizia sociale e sussidiarietà” pubblicato su Labsus.org l’8 maggio 2012.
 

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