L’intervento di Ezio Manzini ha aperto la Summer School 2021, entrando subito nel vivo del tema che dà il titolo alla scuola Abitare le distanze.
“E’ una scelta interessante che chi organizza una scuola dal titolo abitare le distanze inviti un ospite che ha appena pubblicato un libro intitolato abitare la prossimità”
L’intervento è stato organizzato attorno a tre concetti principali che hanno dato forma ad un ragionamento profondo sulle distanze che caratterizzano il nostro presente:
- Prossimità
“La prossimità è come un imbuto in cui tanti aspetti diversi -lo spazio, le relazioni- trovano una dimensione comune.”
Facendo un confronto con le epoche precedenti, in cui le persone non potevano spostarsi con la stessa facilità e velocità di oggi, la vicinanza che vivevano in quelle società, benché non garantisse di per sé l’innescarsi di relazioni, permette una maggiore possibilità di incontro e quindi di intrecciare un sistema di rapporti, anche se non per forza positivi, poiché obbligati.
La modernità, attraverso il principio dell’efficienza, ha portato invece alla città delle distanze, che è divisiva, in cui ci sono i quartieri agiati, lontani dai quartieri poveri; in cui ci sono i centri di commercio e separate, le zone dedicate al tempo libero e allo svago.
Queste separazioni funzionano, hanno una propria logica ed appunto rendono il sistema più efficiente, ma gli effetti di questa distanza vengono subiti da chi vive all’interno delle città.
- Città delle distanze e città della cura
“Oggi è evidente che la città delle distanze presenta delle criticità, in termini di sicurezza anzitutto, è una città senza cura. Nel momento in cui tutto diventa servizi ed è distanziato viene meno la cura.”
Queste città delle distanze hanno problemi economici, sono estremamente richiedenti in termini di servizi, mentre in passato, quando c’era maggiore vicinanza, questo deficit veniva parzialmente colmato attraverso lo scambio -ti serve una cosa che ho e non mi serve, e viceversa-.
Questa distanza può esprimersi nell’immagine di ville vs cité, o anche “città di pietra contro città di carne”. (Linda di Pietro).
La situazione pandemica Covid-19 ha svelato tutti i limiti di questa società, ma ha anche fatto emergere una vicinanza nuova, nel vicino di casa, che non si è scelto e con il quale non si condivide null’altro che una vicinanza fisica, nel momento di estrema necessità è l’unico che può venire in soccorso e l’unico con il quale intessere una relazione.
“Durante la pandemia emerge l’importanza della vicinanza e viene in luce il tema della prossimità”.
In merito a ciò, anche PNRR, nonostante presenti molti limiti e criticità, sembra aver riconosciuto l’importanza di una sanità, improntata sui servizi territoriali e le comunità di cura. Il modello cosiddetto “lombardo” dei pochissimi isolati centri di eccellenza non ha retto, e questo è stato un insegnamento che sembra essere stato finalmente colto.
“Le società che resistono sono quelle territorializzate, mentre quelle individualizzate sono perdute.”
- Urgenza collettiva verso una mobilitazione
“Il momento storico in cui siamo dovrebbe essere rappresentato come un vulcano, in cui siamo nel cono e vediamo che sta per scendere la lava e sta per eruttare.”
Quello che manca in questo momento è il senso dell’urgenza collettiva, il PNRR non può risolvere tutto, è solo uno strumento tecnico che distribuisce soldi. Allo stesso modo, i partiti e i gruppi organizzati non stanno dimostrando di avere una visione, pertanto è necessario mobilitarsi, e tutto dipende da quante persone lo fanno.
In realtà nella società attuale si sta verificando una nuova fase dell’innovazione sociale, che per essere colta deve essere ricercata da altre parti. Questa capacità di scorgere l’innovazione e anche di mettere a confronto più visioni di futuro deve essere propria del ruolo dell’intellettuale.
Il sociologo francese Bruno Latour esprime attraverso la metafora di diversi pianeti, che non parlano tra loro, la differenza di posizioni nei confronti dello stato di salute della Terra.
Ci sono persone che dicono che non sta succedendo nulla, e quindi smettono di avere ogni visione di progresso o tensione verso tale, per cui non resta altro che costruire bunker e isolarsi, tentando di salvarsi da soli, disinteressandosi degli altri. Poi ci sono altri che parlano di cambiamento. Tra questi ultimi, due ipotesi vengono approfondite: l’Ipotesi Gaia e Ipotesi Astronave Terra. Entrambe queste visioni concordano sulla necessità di un cambiamento radicale. Astronave terra assume che questa terra è una macchina e che come tale si può riparare, smontare. Diversamente, l’ipotesi Gaia invece è una visione per cui la terra è un entità di interconnessione tra umani e non umani in cui bisognerebbe ritrovare un’armonia.
“Queste non sono solo due visioni di futuro, ma di rappresentazione della realtà. Sono terreni di scontro tra visioni del mondo. “
Grazie a questo intervento inaugurale della Summer School 2021, si entra completamente nel vivo dei lavori. Ezio Manzini definisce gli Arenauti “un gruppo di persone giovani, capaci di connettere insieme e di discutere di attività molecolari con istituzionali.”
“Questa rigenerazione non dovrebbe essere perduta, perché questa rete ha questa capacità. Questo dipende dalla governance, e vale la pena di fare lezioni sulla governance. Oggi non dovremmo solo promuovere nuove forme di governance, ma forse non è nemmeno detto che le forme di governance alternative (dal basso etc..) siano poi quelle giuste. Bisogna riempire di contenuti.”
“Rena aiuta le istituzioni a capire la fase storica in cui viviamo, aiuta a farle rendere conto che alcune scelte, anche se dolorose, vanno fatte. La Scuola permette di far emergere temi importanti, il mio consiglio è di dare maggiore enfasi alla traduzione di questi temi nella realtà. Bisogna fare qualche compromesso in meno.”
Partendo dall’immagine lanciata da Ezio Manzini di tensione tra dimensione molecolare e dimensione istituzionale e dell’attuale divario che si sta verificando tra realtà associative e istituzioni, Linda Di Pietro racconta l’esperienza de Lo Stato dei Luoghi.
Secondo Linda Di Pietro sta emergendo un nuovo bisogno di nuovi corpi intermedi come Rena -ma anche altri che ora magari ancora non esistono-, che possano riconnettere la relazione tra le pratiche e le politiche.
“Noi di Rena abbiamo questo vizio di anticipare alcuni temi. L’importante è poi tenerli caldi”.
Secondo Ezio Manzini è fondamentale avere degli eroi sociali.
“Occorre però aiutare il “molecolare” ad essere più aperto nei confronti delle istituzioni, e occorre fare capire alle istituzioni che coinvolgere altri nella governance significa inesorabilmente rinunciare a una parte di potere, e delegarlo ad altri.” Attribuire potere a chi prima non lo aveva può far scaturire nuove energie, perché permette di aumentare il senso di appartenenza, di coinvolgimento e di protagonismo, mentre il mantenimento di potere nelle mani di chi già lo detiene non aiuta a valorizzare le energie, anzi rischia di spegnerle. (Ezio Manzini)
Lo Stato dei Luoghi mette i suoi primi semi grazie alle riflessioni sulla rigenerazione urbana a base culturale che già facevano parte delle discussioni di Rena, ma è nell’agosto del 2018 a Favara a Farm Cultural Park che un gruppo di gestori di spazi ibridi, a cui stavano strette le maglie degli spazi istituzionali, decidono di fondare Lo Stato dei Luoghi, partendo da un episodio che ha innescato la domanda provocatoria “A che stato vogliamo tornare?”.
L’episodio in questione consta nell’interruzione da parte dell’amministrazione comunale di un’installazione artistica temporanea. Oltre a mettere i sigilli, il Comune di Favara richiede il ripristino allo stato dei luoghi.
La riflessione che parte da questa esperienza è: ma questo ripristino è davvero fattibile? E se lo fosse, cosa significherebbe per Favara? Come era lo stato del luogo prima di Farm Cultural Park? Perché l’amministrazione locale vorrebbe ritornare a una città più degradata, molto meno sicura , anche dal punto di vista strutturale. La domanda retorica è quindi: “dove vogliamo tornare?”
“Oggi Lo Stato dei Luoghi comprende una rete di soggetti “molecolari” (vedi intervento di Ezio Manzini), che attraversano tutta l’Italia e vogliono affermare la natura ibrida dei luoghi, la multifunzionalità, la multidisciplinarietà, il mescolare, l’aprire, il rendere i luoghi più permeati e non incasellati in una categoria.”
Lo Stato dei Luoghi è anche fatto di spazi di rigenerazione urbana, che si prendono cura dell’abbandono, che vanno a sostituirsi alle vecchie economie fallite del secolo scorso; in cui creare una nuova modalità di welfare. Sono spazi in cui si suppliscono alcuni servizi che le amministrazioni pubbliche da sole non sono in grado di appagare. Spazi per le fasce più deboli della popolazione, in cui quindi realtà sociali trovano accoglienza per fare i propri progetti di welfare.
Questi centri culturali hanno la capacità di essere nuove piazze, luoghi di relazione e socialità, essere degli ibridi organizzativi in cui si viene a creare una nuova forma di governance. Nuove forme di attivismo e passioni civiche nascono in questi luoghi, così come nuove professioni(tra practitioner e city maker) che partono dalla dimensione culturale per aprirsi alla dimensione di sviluppo territoriale e rigenerazione.
Oggi Lo Stato dei Luoghi è ancora in una fase estremamente liquida e magmatica, che però tende a diventare un interlocutore delle istituzioni, affinché queste inizino a fare atti di indirizzo che riconoscano queste realtà.
Durante la prima fase pandemica Covid-19, Lo Stato dei Luoghi ha sperimentato la creazione di un vocabolario, un alfabeto pandemico che ha come parole ricorrenti socialità, prossimità, comunità.
Per incidere nel panorama pubblico Lo Stato dei Luoghi deve essere:
- Comunità di pratiche: 80 spazi a livello nazionale sono oggi rappresentati da Lo Stato dei Luoghi, in questo modo, infatti ha un ruolo fondamentale di advocacy e prende il proprio spazio nelle politiche pubbliche;
- Costruttore di nuove alleanze: Lo Stato dei Luoghi permette di aprire la scatola dei corpi intermedi tradizionali e farne nascere nuovi;
- Formatore delle istituzioni: accompagnatore per la pubblica amministrazione, in particolare gli enti locali, per fornire strumenti e formazione.
“Lo stato dei luoghi cerca di comprendere e permettere come questi spazi possano diventare narrazione egemonica all’interno del paese”.
La Presidente di Rena, Stefania Paolazzi introduce l’intervento di Fabrizio Barca che conclude la prima giornata della Summer School 2021.
Rena ha fortemente voluto questo momento, sia per l’importanza del PNRR e delle sue implicazioni nei prossimi anni, sia perché è fondamentale chiedersi se il Piano sia effettivamente lo strumento giusto.
Secondo Fabrizio Barca non è impossibile che il Piano assuma una portata inedita ed eccezionale, ma questo potrebbe verificarsi solo se la società italiana si mobilitasse e l’impianto del Piano non impedisce che ciò avvenga.
Dal punto di vista dell’Unione Europea, il Piano, per come è pensato, permette di riprendere il cammino dell’unione politica, poiché è finanziato da risorse europee.
Nonostante questo, il coordinamento delle politiche ordinarie è ancora un passo indietro. Per l’Italia ciò ha un impatto significativo perché il paese fatica a disegnare strategie e presenta una debolezza dell’apparato centrale dell’Amministrazione italiana.
Il PNRR possiede una giusta logica strategica e anche una costrizione temporale, che obbliga l’Italia a rispettare le scadenze prestabilite, nonostante in alcuni casi questo tipo di limitazioni hanno un effetto negativo, perché obbliga a scelte inefficaci, pur di spendere le risorse. In questo caso sembra non esserci tale rischio grazie agli stretti vincoli, milestone e ai costanti monitoraggi previsti dal Piano.
Il PNRR obbliga l’Italia ad avere un metodo, a mettere il Paese sulla strada giusta e questo è grazie all’Europa.
“Quello che invece non siamo riusciti a fare è intercettare il sommovimento del paese al fine di costruire una visione, le strategie dovrebbero partire dalla tensione, dalla visione da oggi a 15 anni, e noi non siamo riusciti in questo”.
Fabrizio Barca continua la riflessione focalizzandosi, per ciascuna delle sei missioni del Piano, su cosa possiamo fare noi, come individui?
- Transizione digitale, rappresenta il punto meglio costruito dell’intero Piano, e permette di lavorare alla costruzione della struttura digitale della PA.
- Transizione ecologica, l’elaborazione di questa missione presenta molti limiti e criticità. Anzitutto l’Italia non si pone l’obiettivo massimo di riduzione di CO2, dell’elettrico e del rinnovabile. Secondo uno studio dell’Università di Oxford, l’Italia è il secondo paese al mondo più pronto per la transizione ecologica, e quindi dovremmo aspettarci maggiore impegno in questo senso.
- Lavoro, questa tematica, come osserva criticamente Barca, non appare in modo preponderante nel Piano, in particolare non c’è una logica improntata a una buona qualità del lavoro e delle condizioni di lavoro.
- Servizi sociali, e Salute per quanto concerne questa missione, sono stati colti i temi importanti sui quali intervenire, come gli asili nido, il contrasto alla povertà educativa, ma il timore è che si costruiscano infrastrutture, si creino servizi che poi rimarranno chiusi perché non ci saranno le risorse adeguate per farli funzionare e mantenere, né per assumere professionisti in cui lavorarci. Questa paura sembra purtroppo fondata, perché non è mai citato il mantenimento di tali infrastrutture.
- Sviluppo territoriale, gli interventi appaiono, purché presenti, slegati, si prefigura un ritorno alla logica dei bandi, che non lega i servizi con gli interventi sul lavoro e l’impresa.
A conclusione dell’intervento, Fabrizio Barca evidenzia gli strumenti che abbiamo noi come cittadini in merito a tre macro temi:
- La riforma fiscale ha un peso significativo. Si trova necessario valorizzare iniziative di partecipazione per quanto concerne il monitoraggio.
- La partecipazione nella fase ascendente del processo di costruzione del Piano è stata estremamente scarsa. Nell’approvazione del piano italiano l’UE ha espresso tra le sue raccomandazioni quella di coinvolgere la cittadinanza attiva e parti sociali in fase di redazione dello stesso.
- Il rinnovamento della pubblica amministrazione, tutto quanto detto fino a ora può accadere solo se c’è un rinnovamento della PA. Il governo, dopo tanti anni ha riconosciuto come obiettivo il ringiovanimento dei dipendenti pubblici, i primi esperimenti di procedure di reclutamento sono piuttosto deludenti, è fondamentale quindi porre l’attenzione su come si costruisce un bando di concorso chiaro e su che tipo di professionalità si richiedono, facendo particolare attenzione a tutto il processo di ricerca. In questo senso Forum PA e Movimenta hanno redatto un report con metodi di reclutamento moderni, in cui sono indicati casi pratici. Nei prossimi giorni verrà inoltre pubblicato un documento che può essere utilizzato per tutte le amministrazioni e racconta le best practice a vari livelli in Italia. “
Se riusciamo a lavorare su questo fronte riusciamo a far si che il piano si possa attuare, in particolare a livello locale e territoriale.”
Sul PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza): è un pacchetto di investimenti e di riforme di cui si sta dotando il nostro paese per far fronte alla crisi innescata dalla pandemia. Fa parte del più ampio Next Generation EU e il suo arco temporale va dal 2021 al 2026. E’ un piano dalla portata e dalle ambizioni inedite e rappresenta uno strumento che ha cambiato il paradigma all’interno dell’Unione Europea per quanto riguarda le politiche economiche, dopo anni di politiche di austerità.
Il PNRR rappresenta un’occasione per il nostro paese per rispondere alle crisi e modernizzarlo; racchiude al suo interno una serie di obiettivi importanti in campo del lavoro, dell’innovazione e di risposta ai cambiamenti climatici.
Il Piano ha avuto un lungo processo di scrittura e approvazione nel corso del secondo governo Conte e dell’attuale governo Draghi. Ad oggi il PNRR stanzia 191 milioni di euro, integrati da ulteriori 31 milioni di euro.
Il Piano insiste su tre temi trasversali: politiche per i giovani, politiche per le donne e ridurre il divario di cittadinanza.
Il Piano è suddiviso in sei missioni: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute.
Il piano è stato ed è tutt’ora al centro di numerose riflessioni e critiche, sia sull’impianto, sia sulla governance. E’ stata quindi una grande opportunità poter dialogare di questo con Fabrizio Barca, coordinatore del Forum Diseguaglianze e Diversità.
Per approfondire:
Sito del Forum Disuguaglianze e Diversità
Questo articolo è un lavoro di intelligenza collettiva coordinato da Giulia Naldi ed il supporto nella pubblicazione di Michela Mattei e Andrea Taverna.
La Rena Summer School “Abitare le Distanze” è stata resa possibile grazie al contributo di Intesa Sanpaolo, il patrocinio della città di Matera ed il supporto di Forum Disuguaglianze Diversità, Ambasciata Stati Uniti, Scuola di Mobilitazione Politica e Lo Stato dei Luoghi.