Ed altre rivoluzioni web-based o start-upper che sconvolgeranno (in positivo) la vostra vita nei prossimi anni. Una riflessione sulla base di un gruppo di lavoro del think-tank NewTo, ottima preparazione per l’evento dei Pionieri di Rena, sabato 3 maggio alla Triennale di Milano.
C’era una volta la Generazione Tre Niente. Niente lavoro, niente risorse, niente reddito, per dirla à la Gordon Gekko di Wall Street. Una diapositiva che parrebbe valida anche oggi, specialmente per inquadrare una fetta di mondo – l’Europa – che pare non riesca ad uscire da una recessione economica e demografica ormai croniche. Ma sotto questa patina, guardando in controluce la filigrana delle banconote dell’Eurozona, si possono intuire alcuni fenomeni emergenti in grado potenzialmente di scompaginare lo statu-quo e spostare gli equilibri di interi settori della nostra economia e società. Per fare chiarezza, insieme al think-tank torinese NewTo, abbiamo provato a riassumerne i principali in macro-categorie, portando esempi a supporto di ciascuna di esse.
La cosa che fa ben sperare è che l’esercizio funziona facilmente, senza perdere molto in termini di qualità, anche restringendo il campo alla scala italica. Anzi, parecchie di queste soluzioni – forse perché il range di problemi affrontabile qui è particolarmente ampio? – nascono proprio nel Bel Paese, e talvolta hanno avuto la forza di estendersi e contaminare anche il resto del mondo.
Ecco dunque le 5 categorie individuate, ed alcuni esempi di modelli di business e sociali che ne incarnano meglio i valori.
1. Il consumatore produce, il produttore consuma: la rivoluzione dei Makers.
Di tutti, è forse il trend più futuribile. Di certo, quello su cui gravano le maggiori aspettative degli addetti ai lavori. Attorno ai Makers, evoluzione tecnologica e non solo del movimento sostanzialmente anti-capitalista “DIY” (“do it yourself”), può avvenire una vera e propria rivoluzione copernicana del nostro sistema produttivo. Due tool fondamentali ne possono liberare la – potenzialmente immensa – energia che sono in grado di costruire: stampanti 3D e una piccola piattaforma elettronica chiamata Arduino. Le stampanti 3D rappresentano forse la più grande promessa d’inizio secolo: per scongiurare il rischio di risultare l’ennesimo futuro possibile abortito devono superare la duplice prova da un lato del modello di business, dall’altro della semplificazione e riduzione dei costi. Potenzialmente, esistono stampanti 3D capaci di produrre praticamente qualsiasi cosa: dalle più semplici per la comune oggettistica in plastica fino alle più sofisticate, in grado di riprodurre i tessuti del corpo umano, passando per il cemento delle abitazioni e la seta dei nostri vestiti. E non è necessario per forza comprarne una: si può anche affittarne (se avete una buona idea, cercatene una nei vostri dintorni su Makexyz, un database in perenne beta-version).
Parallelamente, il secondo fronte attivo è quello di Arduino, piattaforma elettronica open-source che permette di “rendere intelligenti” le nostre creazioni. Partito dall’omonimo bar eporediese, la creatura di Massimo Banzi è il principale enabler della cultura di quelli che una volta erano considerati “smanettoni”, ma che da domani potrebbero partecipare a questa rivoluzione del paradigma produttivo così come lo abbiamo sempre inteso nella società capitalistica e della globalizzazione: non più grandi hub produttivi da cui partono le merci verso ogni angolo del mondo, ma piuttosto una, mille, centomila periferie che ridiventano centro. In questo senso, i Makers – un movimento molto diffuso ed eterogeneo, che in Italia ha uno dei suoi centri d’eccellenza nel FabLab torinese – stanno all’industria manifatturiera almeno come Ryanair sta a quella aeronautica.
2. Folle, non folli: il Crowd al potere (Crowdsourcing / crowdfunding)
Un’altra direttrice forte di questi tempi deriva dalla ritrovata centralità dell’utente nei processi decisionali ed anche imprenditoriali. Una rivoluzione più graduale, questa, che ha le sue radici nell’UGC (User Generated Content) alla base del Web 2.0, ma che ne ha spezzato i legami digitali per esplodere nel mondo reale.
È la storia del crowdfunding e del crowdsourcing, fenomeni che portano gli utenti a collaborare tra di loro o a finanziare progetti, e le aziende ad affidarsi alla grande massa, piuttosto che a singoli individui preselezionati. Su scala planetaria, la piattaforma più famosa è certamente Kickstarter; in Italia, la declinazione più nota è quella proposta da Eppela. Ma esistono molti altri modi di mettere la “folla” al centro del processo anche creativo: è il caso della piattaforma – purtroppo oramai pressoché in disuso – BootB, pioniere nel mettere insieme in un unico marketplace per creativi di tutto il mondo ed aziende la domanda e l’offerta di creatività per campagne di marketing, branding, naming e non solo. Mentre, in ambito sociale, piattaforme come Avaaz (ed i suoi innumerevoli tentativi di imitazione su scala nazionale) mettono a disposizione la tecnologia per organizzare enormi petizioni e raccolte di firme digitali in brevissimo tempo.
Discorso a parte merita poi DeRev, format made-in-Campania che si propone l’ambizioso obiettivo di “trasformare le tue idee in rivoluzioni”, e per esemplificare il concetto si è inventato un simpatico promo in cui spiega come il portale avrebbe semplificato le operazioni di Garibaldi, se solo le giubbe rosse fossero partite un paio di secoli più tardi.
3. Ciò che è mio è vostro, ciò che è tuo è nostro: Dal possesso allo Sharing. L’economia dell’accesso.
Lavorare, guadagnare, comprare, accumulare, gettare. In cinque verbi sequenziali e ciclici si può riassumere il processo della mercificazione cui è stata assuefatta la nostra mente in un secolo di bombardamento mediatico. Il “secolo breve” ci ha consegnato una forma mentis in cui vince chi più possiede, e chi più è in grado di accumulare ricchezze. Ma aziende ed individui si stanno gradualmente accorgendo come questo approccio abbia sempre meno senso, anche da un punto di vista strettamente economico. E così, in periodi di crisi, come spesso accade l’ingegno si è aguzzato fino a proporre modelli sostitutivi e più efficienti: il CarPooling (riedizione aggiornata del caro vecchio autostop) ed il bike o car-Sharing sono esempi già noti soprattutto agli abitanti delle metropoli italiane (Blah Blah car, Guido car-sharing a Torino), e hanno come cugini più o meno stretti i fenomeni di Co-working (spazi condivisi in cui soprattutto liberi professionisti condividono i loro uffici, finendo talvolta per impollinarsi reciprocamente di idee – cfr. il network The Hub) e di Co-housing, che va oltre il concetto di “buon vicinato” per condividere tutta una serie di servizi all’interno di residenze contigue.
Ma “l’economia dell’accesso”, che per certi versi porta nelle nostre vite private quello che le aziende sperimentano da decenni con l’outsourcing, ribalta la consueta logica dell’acquisto in favore dell’utilizzo. È quello che è riuscito a fare Spotify, di recente sbarcato in Italia, rendendo finalmente legale – e, quel che è più importante, profittevole per gli artisti – un modello che dai tempi di Napster trovava difficoltà a trovare il giusto compromesso tra la pirateria ed i prezzi folli dei cd, di fatto rendendo inutile la cumulazione decennale di dischi e vinili.
4. Il re è nudo: Trasparenza ed Accountability come motori dello sviluppo
Nuove tecnologie abilitano anche nuove forme di controllo: in negativo per la nostra privacy, perché la Rete è un Grande Fratello dalla memoria illimitata e spietatissima, ma anche in positivo per quanto riguarda la trasparenza. Ovvio dunque che la Pubblica Amministrazione risulti la vittima predesignata di questo segmento: OpenGov è la piattaforma italiana che non lascia scampo ai nostri parlamentari, e ne monitora da vicino le prestazioni in termini oggettivi come assenteismo e “fedeltà” (voti contrari rispetto alla maggioranza del suo partito). In altri ambiti, sulla base di Google Maps – che già porta in dote un’anima prettamente “rivelatrice” – sono nati altri strumenti di trasparenza: grazie a siti come Flightradar e Marinetraffic nessuna “scia chimica” rimarrà senza un nome, e nessuna porta-container che attraversi il vostro golfo avrà più segreti.
5. Società a responsabilità illimitata: quando l’imprenditoria diventa sociale.
Italians do it better è un adagio tutto da verificare in svariati contesti, ma non certo in quello associazionistico. Sono innumerevoli le realtà che stanno utilizzando le tecnologie ed i nuovi media per allargare il loro raggio d’influenza ed aumentare la loro potenza di fuoco. Si parla in questo caso spesso di associazioni non-profit, cooperative sociali, reti informali, ma in taluni casi queste realtà diventano anche aziende vere e proprie. Ne citiamo un paio a titolo esemplificativo: la Fondazione di comunità Rione Sanità–l’Altra Napoli, che porta avanti nel Rione Sanità ,quartiere degradato al centro di Napoli, un intenso lavoro di recupero del territorio attraverso progetti di riqualificazione urbana, valorizzazione dei beni storico-artistici affidati ai giovani del quartiere e promozione di imprese sociali. In sei anni, questo network del terzo settore è riuscito a raccogliere circa 4,5 milioni di euro esclusivamente da finanziatori. Un’altra delle possibili declinazioni di questo fenomeno si riconduce all’esperienza di Tacatì, start-up che mette insieme i produttori di una certa area geografica per realizzare un supermercato diffuso a km zero. L’utente può effettuare la spesa online ed andare a ritirarla fisicamente dove preferisce (o riceverla direttamente a casa).
Com’è logico, la categorizzazione impone dei limiti, ma offre spunti di riflessione e griglie di riferimento. Ma soprattutto: speranze. Al tempo in cui la crisi attanaglia la penisola ed i giovani non riescono a trovare lavoro, inventarselo può tornare ad essere la via maestra, specie in un Paese che a livello strutturale ha sempre trovato la sua linfa nella piccola e media imprenditoria.
Per farlo, non esiste momento migliore. Perché è solo dalla Generazione dei Tre Niente che potranno nascere Infiniti Qualcosa.
Suggested Soundtrack: Vaticano 2.0 – Los Massadores http://www.youtube.com/watch?v=1VFdLGL9NbA
L’appuntamento: Sabato 3 maggio, ore 18,30 alla Triennale di Milano per “La Notte dei Pionieri”. Iscriviti qui: http://pionieri3maggio.eventbrite.com/