Qui Matera. Oggi prende il via la settima edizione della nostra Summer School. Siamo pronti per una settimana di lezioni e workshop, accompagnati da un gruppo di docenti davvero eccezionali (tutte le info sul programma le trovate qui). Il tema di quest’anno è “Governare il Caos” quanto mai calzante in questo momento: Europa, migrazioni, città, territorio, mercato, lavoro, economia. Una bussola per i tempi difficili di oggi e di quelli che verranno.
I nostri obiettivi sono sempre gli stessi:
>> affrontare in modo trasversale i temi che investono gli attori del cambiamento, sul presupposto del cambio di paradigma rispetto alla tradizionale suddivisione tra soggetti attivi e passivi di politiche pubbliche e dinamiche sociali;
>> favorire la contestualizzazione e la comprensione del cambiamento, in modo da costruire una cassetta degli attrezzi affinché l’innovazione episodica si possa innestare in modo sistemico;
>> intercettare e aggregare esperienze e temi che si collochino nella curva ascendente dell’innovazione, raccontando le più importanti e utili esperienze consolidate, ma cimentandosi anche nel giusto sforzo di scouting di nuovi temi e soluzioni da sperimentare.
Per iniziare con il piede giusto, abbiamo chiesto a Paolo Verri, Direttore della Fondazione di Matera Basilicata 2019, di condividere con noi e con i partecipanti alla Summer School alcuni sui pensieri su comunità, politiche di sviluppo e fiducia.
Buona lettura!
* Fondazione Matera Basilicata 2019, insieme a Città di Matera e Intesa Sanpaolo sono sostenitori e partner della Summer School RENA. A loro va il nostro più sentito ringraziamento.
** Questa intervista è parte di Trust in Progress, un progetto di ricerca e azione volto ad indagare i meccanismi alla base della generazione di fiducia. Sul nostro blog, trovate altre interviste e stimoli su questi temi.
*** Paolo Verri sarà con noi la mattina del 29 Agosto. Insieme a Ilda Curti, Maurizio Carta e Valentina Montalto animerà una mattinata di lezioni dedicata a città creative, e processi di rigenerazione urbana.
In quali ambiti pensi sia più urgente o importante affrontare il tema della creazione di fiducia? Con che prospettiva pensi che abbia senso occuparsene?
Oggi il tema della fiducia è prioritario; fiducia tra le persone, messa in dubbio dell’uso continuo e dissennato dei social; fiducia tra le istituzioni, che si sentono in competizione tra loro e invece di creare ambienti favorevoli allo sviluppo si occupano di difendere i propri ruoli; fiducia all’interno delle famiglie, in cui spesso non si costruisce più un modello di condivisione sociale ma solo reciproca sussistenza; fiducia nel sistema scolastico, tra professori e studenti, tra professori e famiglie; fiducia nei media. La fiducia, come recitava un vecchio slogan pubblicitario, è una cosa seria e sta alla base del processo di crescita della società tutta.
Da cosa deriva, secondo te, la crisi di fiducia in cui siamo immersi? Indica le tre principali cause scatenanti che ti sembrano più rilevanti. Cosa si intende per te fiducia? Fiducia verso la Comunità e il prossimo? Fiducia per le Istituzioni o altro?
Fino alla metà degli anni novanta abbiamo assistito ad un fiducia quasi totale nel mondo dell’informazione e ad una ripresa di fiducia nel ruolo degli Stati come luogo centrale di sviluppo e anche di perimetro di crescita dei singoli. La caduta del muro aveva portato le nostre sensibilità europee e occidentali in genere in questa direzione. Trent’anni dopo la mancanza di fiducia nella crescita come modello unico ha rimescolato tutte le carte. Il susseguirsi di crisi economiche prima e politiche poi ha smentito una idea di futuro verticale tipica delle società occidentali che ora non hanno modelli nuovi, condivisi dalla maggioranza, su cui puntare. Oggi non basta la tattica per accompagnare la crescita. Servono nuovi grandi ideali per cui battersi. Ci siamo persi nella quotidianità.
A livello teorico, conosci riferimenti utili a spiegare i meccanismi alla base della creazione di fiducia? Un articolo, un paper, un libro, una ricerca che consideri particolarmente rilevante? Una analisi da cui pensi sia utile partire?
È ovvio citare Bauman, come teorico di una società liquida in cui nuotiamo senza trovare punti di riferimento e quindi pronti a non credere più a nulla, nemmeno a noi stessi. Ma vorrei invece citare le ricerche di un sociologo come Sennett, che non a caso punta sulla parola “insieme” come centro di una nuova riflessione sulla società contemporanea. Una società della condivisione, non tanto quindi della sharing economy ma piuttosto del permanent community building. Serve tuttavia molta dedizione per far crescere questa opportunità.
Chi sono le “fonti di informazione” credibili quando si parla di fiducia in Italia? C’è un istituto di ricerca, un sito, uno studio che ti ha aiutato a rispondere alla domanda “di chi si fidano gli italiani?
Per attitudine, per scelta, io mi fido, mi fido delle istituzioni, delle fonti informative, dei sistemi nati e cresciuti a partire dalla seconda metà del diciottesimo secolo che ci hanno portato dove siamo oggi: un mondo quasi totalmente alfabetizzato con grandi opportunità minato da alcuni grandi progetti oscurantisti che cercano di approfittarsi di spazi di crisi per continuare a sopravvivere grazie al traffico di armi e di anime. Ovviamente senza essere ciechi e creduloni, e sapendo che c’è molta fallibilità anche in chi si occupa di informazione – talvolta volontaria, ahinoi!
Come si trovano i nuovi “intermediari di fiducia”? Che azioni ci consiglieresti di intraprendere per intercettarli?
Ogni società dovrebbe saperseli costruire. Il mio lavoro dal 1998 ad oggi è proprio quello di costruire percorso di fiducia all’interno di progetti urbani complessi. Spesso questi intermediari sono “impliciti”, derivano dal ruolo che svolgono: un parroco, un professore, un primario d’ospedale, un sindacalista, un imprenditore generano fiducia. Il problema oggi è che appena si creano delle mitologie attorno alle singole persone, nasce automaticamente una super invidia che uccide le opportunità appena visibili. Ci vuole molta cautela, molta umiltà e anche una grande dose di ironia e di consapevolezza della caducità delle nostre azioni.
C’è una persona o una organizzazione che per te rappresenta l’esempio perfetto di un “generatore di fiducia”? Un soggetto di cui ti fidi, che rappresenta un punto di riferimento per rispondere a dei bisogni o che ispira la tua percezione del mondo e del tuo impegno civico? Che cosa gli attribuisce queste capacità?
Non ci sono esempi perfetti di nulla, ma tantissimi esempi quotidiani da cui si può e si deve apprendere. Una generatrice formidabile di fiducia era mia nonna: faceva la portinaia e trovava sempre qualche cosa di bello in tutti quelli che la circondavano. Ecco, lei è il mio esempio, credo che ciascuno abbia in casa qualcuno così da cui partire.