Francesco Luccisano apre i lavori della Summer School RENA 2012.
Cari Partecipanti alla Summer School RENA sul Buon Governo e la Cittadinanza Responsabile, cari ospiti di stasera, benvenuti.
Caro Sindaco, care autorità, grazie di cuore dell’accoglienza. Posso dire di sentirmi ormai a casa, e posso dire che per RENA Matera è diventato qualcosa di speciale. Un luogo dello spirito, in un certo senso. Confesso che il mio sogno per l’anno prossimo è quello di portare qui tutti i 130 arenauti sparsi per il mondo, più quelli che aderiranno, più gli studenti della Summer School.
Eccoci allora, si comincia. Una scuola che inizia di domenica. Atipica, fin da principio.
Abbiamo lavorato duro negli scorsi mesi, e mi pare dovuto qualche ringraziamento. Innanzitutto gli arenauti che hanno costruito queste sette giornate che stiamo per vivere. Sono in tanti, RENA è una macchina da guerra. Ma vorrei citare soprattutto Claudia Coppola, Francesca Mazzocchi e Pierpaolo Settembri e Mariella Stella.
Il loro lavoro ha permesso di creare qualcosa che non si esaurisce nei sette giorni insieme. Anzi, resterà e crescerà nella fiducia e nelle opportunità che sarà in grado di creare: e penso ai docenti che si sono messi a disposizione a titolo gratuito. Penso ai progetti e alle sinergie che si genereranno spontaneamente in questi giorni, e beneficeranno l’intero territorio.
Ringrazio di cuore anche i nostri partner. Sia quelli che ci erano già stati vicini l’anno scorso sia quelli nuovi, che si sono lasciati convincere della bontà della nostra iniziativa e hanno dato un contributo fondamentale. Diciamolo chiaro. Non bastano le idee e l’entusiasmo di RENA. Senza di voi la Summer School non l’avremmo fatta.
Ora la palla passa ai partecipanti della scuola. Ve l’ho scritto qualche giorno fa. Da voi ci aspettiamo molto. Che cosa? Che nel bagaglio con cui siete sbarcati oggi a Matera ci sia tutta la vostra esperienza e la voglia di fare esperienze, le vostre opinioni e la voglia di cambiarle, la vostra curiosità e la promessa di essere attori di cambiamento nei vostri mondi.
Durante la settimana della Summer School punterete la vostra lente sulle frontiere più avanzate della partecipazione democratica, del ciclo delle politiche pubbliche e dell’innovazione sociale.
Non lo farete, non lo faremo per curiosità scientifica. Lo farete per fame di cambiamento.
Perché francamente di tempo ce n’è pochissimo, e la crisi del paese ci impone di sbrigarci. Ecco, mettiamola così: la Summer School non è la preparazione estiva con cui gli atleti si avvicinano a una lunga stagione. É il riscaldamento appena prima del fischio di partenza. Tenete i muscoli caldi, perché si parte subito.
La democrazia sta cambiando in fretta. A un primo sguardo pare che da quando si è imposto il suffragio universale, un secolo fa, poco si sia realmente evoluto nei nostri sistemi di governance dei nostri paesi.
Beh, non è così. Sono in movimento forze grandiose. Chissà che tra cinquant’anni sui libri di storia non si leggerà che il secondo decennio di questo secolo è stato proprio quello in cui la democrazia si è ancora una volta rigenerata, partendo dai cittadini.
I segnali sono tanti, né univoci né facili da cogliere. Ma sono davanti a noi. E vengono da un uso nuovo dei dati e delle tecnologie, da nuovi valori e da nuovi metodi di partecipazione. Vengono da un modo diverso con cui le persone si vedono dentro la propria città e vivono il loro essere cittadini.
Succedono strane cose. Un Paese nemmeno tanto lontano, L’Islanda, ha scritto la sua costituzione in formato wiki.
Ci sono studiosi che teorizzano che la ricchezza e la prosperità delle nazioni si baseranno non più sul dominio dei mari, o dei commerci, ma sulla libera disponibilità di una quantità infinita di dati.
I cittadini partecipano alla scrittura dei bilanci dei loro comuni.
Gli smartphone diventano strumenti di attivismo civico, dalla ragazza egiziana in piazza Tahrir al signore italiano che segnala le buche del quartiere con una app anziché lamentarsene al bar.
Cose strane, come ho detto, ma occhio a trascurarle. Perché la politica, il governo della cosa pubblica, ha bisogno, oggi più che mai, di ritrovarsi. Se c’è una caratteristica della politica di questi tempi, soprattutto in Europa, è la seguente: che quelle che sembrano le migliori decisioni di breve periodo sono al contempo le peggiori nel lungo. E allora devono cambiare i modi in cui si formano le decisioni. E i cittadini non hanno scelta: devono smettere di cercare protagonisti, e iniziare a essere loro protagonisti.
È questo il senso della Summer School che inizia oggi. Intorno a noi la democrazia cambia, e cambia la cittadinanza. Ma il nostro Paese è lento ad accorgersi di quello che gli succede intorno. E a volte lo guarda con sufficienza, finché non ci troviamo ultimi nelle classifiche.
Spetta a noi suonare al sveglia. Ricordare una cosa a chi per vent’anni si è bendato gli occhi e tappato le orecchie, illudendosi che bastasse fare quello per sopravvivere: ricordiamoci che si può scegliere di chiudersi in un recinto, ma non si può impedire al resto del mondo di entrarci. E allora è meglio farsi trovare pronti. Perché una nuova democrazia è a portata di mano.
Ed ecco che un gruppo di cittadini – perché è questo che siamo – prova a buttare giù il recinto, e a mettere sul tavolo gli strumenti per leggerla questa nuova democrazia che arriva.
E li condivide, questi strumenti. Li osserva, li arricchisce, li migliora. E li fa circolare.
Perché è facilissimo, confortante e anche un po’ piacevole criticare chi ci governa. Più difficile è spingerli a fare meglio il loro lavoro, e prepararsi a fare noi il loro lavoro, con strumenti e valori nuovi. E senza occhi bendati, senza orecchie tappate.
Noi lo stiamo facendo, la Summer School è il passo più grande di RENA in questa direzione.
Ed è un passo che smentisce un luogo comune che sentiamo spesso. Che saremmo la generazione perduta. No, io non credo.
Noi siamo una generazione in cammino. Una generazione che il cambiamento l’ha visto succedere. Ovunque intorno a sé.
Una generazione che ha vissuto prima degli altri la quotidianità della globalizzazione e dell’integrazione europea, e conosce le sue opportunità.
Una generazione che per prima ha sperimentato il nuovo mercato del lavoro, e ne conosce i benefici ed i rischi. Una generazione che sa che le nuove tecnologie non sono solo oggetti di consumo, ma strumenti di mutazione.
Una generazione che ha imparato che ci sono modi nuovi di partecipare alla vita pubblica del Paese, e sa bene che non possiamo più permetterci di non farlo.
Una generazione in cammino, dicevo. Che oggi è arrivata a Matera, e tra sette giorni da Matera ripartirà per tutti gli angoli del Paese.
E che in questo suo cammino vuole prendersi il Paese sotto braccio e portarlo con sé.
Buon lavoro.