Dove e quando è nato?
A Londra, il 6 agosto 1956.
Il suo percorso formativo e lavorativo?
La mia formazione di base è legata a una scuola indipendente, ovvero privata, di Londra. Ci entrai grazie ad un borsa di studio. In seguito mi trasferii a Oxford per studiare politica, filosofia ed economia. Sono entrato al The Economist nel 1980, nella sede di Bruxelles. Successivamente ho lavoravo come corrispondente a Londra e a Tokio, prima di assumere, dal 1993 al 2006, l’incarico di direttore risponsabile del medesimo giornale.
L’Italia appare oggi in una delle fasi più difficili della sua storia. Dove va ricercata la “buona Italia” alla quale ha dedicato il suo libro dello scorso anno?
La Buona Italia si trova dappertutto, ma è bloccata, ostruita. Come ha sostenuto lo scorso 12 ottobre il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, “il paese è ancora ricco di imprese di successo, anche in comparti chiave come la robotica e la meccanica; non mancano nella società indicazioni di una vitalità tutt’altro che spenta”.
Di recente ha partecipato a Matera a una delle iniziative di RENA (Rete per l’Eccellenza Nazionale). Per quale motivo l’ha indicata nel suo libro come l’organizzazioneche più ha ispirato la sua “fiducia in controtendenza”?
Perchè RENA mi sembra un’organizzione che non trasmette solo speranza ed idee, bensì anche azioni e progetti concreti.
Le priorità per far ripartire l’Italia?
Un governo nuovo, e una volontà di rimuovere gli ostacoli, di rinunciare ai privilegi acquisiti, agli interessi particolaristici.
A dispetto delle critiche, la maggioranza degli italiani continua a votare per Silvio Berlusconi come Primo ministro. Come lo spiega?
Ritengo che ciò non sia vero. È una bugia berlusconiana. Berlusconi e il suo partito hanno ottenuto il sostegno di circa il 25% degli Italiani. Il risultato acquisito è il frutto di una coalizione. Quella che l’attuale Primo ministro ha formato appoggiandosi soprattutto alla Lega Nord. La
colonna portante di tale coalizione è in questo senso rappresentata da Umberto Bossi.
Il debito pubblico italiano è un male che ha origini molto lontane. Non è una sorta di scorciatoia quella di voler attribuire al presente governo problemi di così datata origine?
In realtà si tratta di un male che ha origine a partire dal 1980, e che si è poi acuito in seguito al fallimento dei governi al potere negli anni Novanta e Duemila, i quali hanno mancato i principali obiettivi prefissati, a cominiare dal taglio del debito e dall’implementazione di un piano per favorire la crescita economica.
Come vede il futuro dell’euro e dell’UE?
Lo vedo vincolato alle scelte intraprese in particolare dalla Germania e dall’Italia. Per quanto concerne la prima, il punto interrogativo è legato a quale forma di impegno il paese è disponibile ad adottare per salvare l’euro. In altre parole fino a che punto esista un senso di
responsabilità collettiva per la moneta e dunque per i debiti e la condotta dei diversi membri. Per quanto concerne l’Italia, in quanto
maggiore paese debitore nella eurozona – e infatti quello con il maggiore debito nell’Unione Europea – la domanda è cosa il paese
è disposto a fare per ridurre il suo debito e incrementare la propria crescita economica, così da dimostrare che l’Europa meridionale
non stia morendo.
La globalizzazione ha fallito o è ancora un’opportunità?
Ha fallito agli occhi di chi? A quelli ad esempio di milioni di Cinesi ed Indiani che stanno fuggendo dalla povertà? Quella della globalizzazione
è ancora la più grande opportunità per il futuro di questa generazione e di quelle a venire.
L’ultimo paese che ha visitato?
L’Italia. Forza, Italia!
Una passione?
Naturalmente i vini, ma anche viaggiare e imparare.
Il personaggio della storia che più ammira?
Nelson Mandela.
Quello che ama meno?
Tutti quelli mossi dall’egoismo e dalla vigliaccheria.
Un libro?
Gomorra.
Un intellettuale che la stimola?
Dante Alighieri.
Un pensiero per concludere l’intervista?
L’importanza del coraggio morale, l’importanza di prendere una posizione.
Scarica qui l’articolo di Lorenzo Kamel pubblicato sul numero di novembre della rivista Pocket.