Da qualche parte bisogna pur iniziare a mettere le cose a posto. E se, in Italia, c’è un luogo storicamente deputato alla riparazione di sistemi guasti, o alla prevenzione degli stessi, questo non può che rispondere al nome di “Officine Grandi Riparazioni”.
È qui, nel cuore pulsante della Torino industriale, prima capitale d’Italia, che fa davvero bella mostra di sé l’esposizione “Stazione Futuro”. Un’esposizione che nel suo genere non ha precedenti in Italia, e che in qualche modo rilancia un tema che già Rena ha sottoposto all’attenzione pubblica nella sua 4° assemblea generale: quella dei Risorgimenti futuri, e dell’Italia che sarà, e che tutti insieme siamo chiamati a costruire.
La “Stazione Futuro” proietta il visitatore in un’Italia che può sembrare lontanissima nel tempo, ma invece è quanto mai vicina, e possibile. L’approccio è assolutamente scientifico, ma non rinuncia al suo spirito ludico: all’ingresso, una serie di dati presentati con un’infografica accattivante bombarda l’avventore con un quadro che a molti potrà già essere noto. L’Italia che ci aspetta sarà un Paese mediamente molto più anziano, ma anche più multiculturale e meno dipendente energeticamente dall’area nordafricana e mediorientale.
Da queste premesse, che suonano come altrettante sfide, parte la carrellata di presentazione di progetti innovativi, alcuni già ad uno stadio operativo, altri ancora in fase embrionale o prototipale. In ogni caso, una splendida istantanea della creatività e dell’eccellenza italica, un collage di storie che raramente in Italia riescono a far notizia, sommerse dagli scandali e dalle tre esse che i media storicamente prediligono dare in pasto al pubblico (sesso, sangue e sport, meglio se condite dalla quarta: soldi), ma che raccontano comunque un Paese altrettanto reale, che ha voglia di riscattarsi e si è già da tempo sollevato le maniche per farlo.
L’esposizione, che deve molto al lavoro di ricerca effettuato dalla rivista “Wired” nel corso di questi due primi anni di vita, è divisa in grandi padiglioni, organicamente strutturati per area di afferenza: mobilità, sanità, energia, alimentazione, servizi… nessun tema viene veramente scartato, perché in nessun tema possiamo dirci davvero totalmente scoperti come sistema-Paese.
I progetti sono variegati, ed alcuni sono legati a campi in cui storicamente il BelPaese eccelle (i motori: dove anche Fiat ovviamente ha un suo spazio; o l’abbigliamento, dove la ricerca nei materiali ha aperto nuove strade; o ancora la gastronomia, con lo chef Cracco che ci insegna come cucinare gli insetti, perché solo così saremo davvero eco-sostenibili), o ad altri settori invece più pionieristici (ad esempio la robotica, come nel caso della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, insieme ad altri splendidi esempi di collaborazione industria-ricerca).
L’ecologia è spesso il denominatore comune, insieme ad una visione più morigerata della vita, un downshifting a cui la recente Grande Crisi ci ha messo tutti di fronte: è il caso della casa super-ecologica a 100mila euro di Cucinella, così come i riconvertitori di motori elettrici di e-Cars Now!, che sono pronti a prendere la vostra vecchia 500 e farla diventare un gioiellino alimentato a batterie al litio, portando così a un euro e cinquanta il costo del vostro “pieno”.
Non crediamo sia poi un caso che la mostra sia stata posta anche fisicamente accanto alla sua omologa “Fare gli italiani”: se la prima si focalizza sul futuro, le sue radici infatti affondano abbondantemente nella storia del Belpaese, e con essa i nuovi progetti dialogano continuamente, in uno sforzo comunicativo che risulta comunque quanto mai naturale.
L’esposizione è godibilissima da un pubblico di ogni età, ma è vero che forse i più predisposti geneticamente a fruirne sono proprio i bimbi. Nella giornata d’apertura della mostra (che rimarrà aperta sino a novembre), se ne vedevano decine, gli occhi sgranati davanti ad un video, i polpastrelli incollati a tastare quel nuovo rivestimento termoisolante. Uno in particolare, prima di inforcare gli occhiali 3d per vedere uno dei filmati riprodotti, ha chiesto sognante al genitore di turno: “Papà, Papà, ma se mi metto questi poi vedo il futuro?”.
Per chi sarà chiamato a costruirlo insieme a tutta la sua generazione, in effetti iniziative come questa risultano un allenamento all’ottimismo di cui sentiamo sempre più quotidianamente bisogno.