L’urgenza del “fare” per arginare velocemente le disuguaglianze amplificate dalla pandemia, può e deve convivere con l’opportunità di re-immaginare le regole del gioco.
Proprio per questo, il percorso Democrazia Agile ha dapprima incontrato Amministrazioni virtuose in grado di rispondere adeguatamente alle criticità delle prima fase e – successivamente – ha avviato un confronto aperto per progettare nuove risposte ad alcuni interrogativi chiave.
Su tutti: qual è il ruolo che lo Stato deve giocare per poter accelerare la ripresa? Uno Stato garante, uno Stato imprenditore uno Stato leggero? Uno Stato piccolo? Uno Stato Grande?
Il confronto ha preso forma in Democrazia Agile: progettare le politiche del futuro, evento realizzato sui nostri canali social mercoledì 17 giugno in collaborazione con Movimenta, Nesta Italia, Copernicani, Forum Disuguaglianze Diversità e Forum PA.
Con noi, moderati da Giuseppe Ciarliero e Rosella Volpicelli: (socio e socia di RENA)
- Alessandro Fusacchia, Movimenta
- Marco Zappalorto, Nesta Italia
- Mara Mucci, Copernicani
- Sabina De luca, Forum Disuguaglianze Diversità
- Raffaella Saporito, Università Bocconi
- Carlo Mochi Sismondi, Forum PA
- Antonio Campanella, Agenzia delle Entrate
Ecco una sintesi dei contenuti emersi nell’appuntamento:
Disegnare politiche – e meccanismi efficaci di implementazione – è possibile, partendo dalle persone che compongono le pubbliche amministrazioni.
Prendere atto delle criticità accentuate dalla pandemia significa riconoscere il bisogno di uno Stato efficace. Cosa implichi questa necessità non è del tutto scontato. È centrale, però, l’urgenza di una riflessione comune sulla Cosa Pubblica. Quali sono gli attori indispensabili? Quali i mezzi di comunicazione tra loro? I primi nodi da sciogliere sono proprio questi.
Infatti, la cinghia di trasmissione che unisce la Politica e l’Amministrazione è spesso rallentata: in troppo casi, alla mole legislativa si oppone il grande tema dell’attuazione. Quali strumenti? Quali metodi? L’arena del confronto non può poi ignorare il campo della discrezionalità e delle responsabilità di dirigenti e funzionari pubblici.
Innovare, qui, implica volontà Politiche chiare. A quale scopo? Su tutti, Mara Mucci (copernicani) ricorda la risoluzione di alcune evidenze: la relazione europea DESI 2020 (Indice di digitalizzazione dell’economia e della società), ad esempio, colloca l’Italia agli ultimi posti della classifica riferita alle competenze digitali. Un tema, l’ennesimo, fortemente correlato alle opportunità da cogliere per immaginare una nuova fase per l’intera PA.
È tutto? Probabilmente no. A tal proposito, Marco Zappalorto (NESTA Italia) sottolinea che digitale e tecnologia non possono essere contenitori vuoti. Occorre, al contrario, costruire anche qui il giusto immaginario. Un dato rilevante, da considerare per qualsiasi politica sul digitale in Italia: il 20% delle persone in Italia non hanno accesso a internet. Occorre lavorare per fare del digitale uno strumento che include e riduce le disuguaglianze, piuttosto che allargare le fratture.
Alle parole chiave discrezionalità e attuazione si somma la keyword turnover generazionale. Il termine è citato a più riprese nel corso dell’intero evento online; in prima battuta da Alessandro Fusacchia (MOVIMENTA) e successivamente nei singoli contributi dei presenti.
Questi temi attraggono inevitabilmente riflessioni sulle politiche del reclutamento del personale e quindi sulle modalità di scouting. Quali competenze? Quali profili? Quale l’incidenza per le soft skill? Come continuare a motivare risorse già coinvolte? Interessante, qui, sommare due approcci distinti: dalla posizione accademica della Professoressa Raffaella Saporito – Università Bocconi – al punto di vista interno del Dott. Antonio Campanella (Agenzia delle Entrate), con sintesi comune individuata nella necessità di un reclutamento mirato, efficace e all’altezza dell’attuale fase storica.
Lo sblocco del turnover, insomma, si deve intendere come parte di un sistema di management nuovo, diverso e finalizzato al raggiungimento di obiettivi chiari. È Sabina De Luca (Forum Disuguaglianze Diversità) ad evidenziare questa direzione per abbattere definitivamente il muro della Burocrazia Difensiva, termine utilizzato per la prima volta da Carlo Mochi Sismondi – Forum PA – che sul tema aggiunge ulteriori considerazioni. Serve riorganizzare l’amministrazione attorno a missioni strategiche, piuttosto che semplicemente ‘rimpiazzare’.
Raffaella Saporito (Università Bocconi) introduce il tema della leadership nel settore pubblico, ricordando come sia stato considerato a lungo un ossimoro perfino parlarne. La discrezionalità c’è già: serve riflettere sul come interpretarla. Funzioni di indirizzo e funzione di esecuzione sono confini fisiologicamente labili, è impossibile pensarle come vasi poco comunicanti, o comunicanti in una sola direzione. Quali sono gli elementi distintivi della leadership pubblica? In primo luogo le competenze trasversali, per ora pochissimo ‘testate’ nei concorsi. Esistono – infatti – una pluralità di soggetti organizzativi incomparabilmente differenti: il funzionario di un comune di 20.000 abitanti esercita un potere molto maggiore di un dirigente secondario di un apparato centrale. Per questo è necessario partire dalle meta-competenze.
Antonio Campanella (Agenzia delle Entrate) porta l’attenzione sulle politiche del personale, ora poco presenti nel dibattito pubblico. Le persone sono fondamentali e devono essere il primo pensiero, e non l’ultima preoccupazione, di chi guide le grandi organizzazioni pubbliche. Come selezionare e mettere le persone giuste al posto giusto? Dando priorità al tema.
Per Carlo Mochi Sismondi (Forum PA) non esiste una sola pubblica amministrazione. Come stabilire cosa ‘decide’ la pubblica amministrazione rispetto alla politica? La distinzione è giusta, ma il confine molto labile. Nel Comune di Bergamo, per esempio, la catena di comando è chiara: c’è un direttore generale, scelto in via fiduciaria, che decadrà insieme al Sindaco Gori: fa le scelte che gli sono consentite per attuare il programma di governo della città. In un Ministero la situazione è molto più complesso, c’è una situazione duplice/triplice: c’è la figura del Ministro, o della Ministra, che ha degli uffici di diretta collaborazione, che lavorano con lui 18 ore al giorno e parlano con l’amministrazione continuamente, ma in forma non strutturata. Si creano delle catene di potere, che non parlano tra loro. Quando le catene di comando sono confuse, la discrezionalità è usata molto poco, e allora la macchina si ferma. La proposta è quella di rendere gli organi di controllo (es. ANAC, Corte dei Conti etc) corresponsabili degli obiettivi da raggiungere, così da assicurare maggiore uniformità di approccio, senza intaccare la necessità della funzione di identificazione del dolo. Fondamentale concentrarsi su alcune aree strategiche: lotta alla povertà, sviluppo sostenibile, crescita del digitale inclusivo etc. Questa grandi missioni hanno bisogno di persone che siano davvero coinvolte, da mettere al centro. La PA deve essere un buon datore di lavoro.
Giuseppe Ciarliero (RENA) ricorda in chiusura come serva e sia necessario uno stato più agile, con competenze trasversali, moderne, rapide, per far fronte efficacemente alla grande iniezione di capitali in arrivo. RENA in tal senso continuerà ad aggregatori attori e attrici diverse per accrescere cultura attorno a questo tema per portare con efficacia il tema dentro l’agenda politica.