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Sono tanti i momenti in cui si ha la tentazione di lasciar perdere, smettere di lottare e accettare  un ambiente circostante in cui non ci riconosciamo, ma di cui facciamo parte. Inaspettatamente, quando stiamo per gettare la spugna è proprio il passato a gettare una fune per venire in nostro soccorso.
All’inizio di questa calda estate, RENA ha ricevuto alcune copie del libro di Marco Vitale (I proverbi di Calatafimi – Edizioni Studio Domenicano). Non nascondo l’atteggiamento circospetto e quasi sospettoso che ha accompagnato l’apertura del plico né la perplessità nello scoprire di cosa si trattava. La lettera che accompagnava il libro [//]spiegava tutto circa il dono e invitava ad una riflessione alla quale non ci siamo sottratti.
Alcune strade di Calatafimi sono tappezzate da proverbi popolari della Sicilia di altri tempi ma che in realtà tanto diversa non è da quella odierna. Questo “itinerario dei vicoli” racconta di problemi, dubbi e preoccupazioni che sono gli stessi di oggi: “faciloneria”, “incompetenze”, “raccomandazioni e conflitti d’interesse che distorcono la meritocrazia e una salutare concorrenza”, come segnalato nell’editoriale di Domenico Gamarro.
A tali apprensioni, i proverbi cercano di dare una chiave di lettura positiva e suggeriscono soluzioni semplici. C’è l’esaltazione del team work (“uno da solo non va bene neanche in paradiso”), coniugata al “disvalore della solitudine” (p. 68); l’appello a crescere professionalmente con le proprie forze (p. 92), e l’invito all’apprendimento continuo e a unire le forze con i meritevoli (“mettiti con chi è meglio di te e pagagli anche le spese”, p. 95). Nel libro trova spazio l’elogio della tenacia e della costanza (“disse il sorcio alla noce: dammi tempo che ti perforo”) ma anche della gavetta come momento di acquisizione di conoscenze inedite (p. 99). Il libro colloca la saggezza popolare ad uno stadio formativo superiore, alla pari con gli scritti di grandi statisti mondiali. L’esortazione della capacità di circondarsi dei migliori e di delegare loro autorità e responsabilità (“il buon cavallo non ha bisogno di speroni” e “non teme briglia”), ad esempio, è una caratteristica dei leader più avveduti spesso esaltata dall’ex Presidente americano Ronald Reagan (pp. 105-107).
Ma è forse la tematica del rapporto tra vecchi e giovani che viene affrontata nella maniera meno tradizionale. Essa viene interpretata in una chiave di lettura moderna, fortemente legata all’innovazione (“due sono le categorie di rompiscatole, i vecchi e i giovani”, p. 133). La dicotomia generazionale, comunemente descritta come conflittuale e divisiva, viene ricomposta su nuove basi di collaborazione (“forza di gioventù, consiglio di vecchio”) e complementarità (“il giovane può morire, ma il vecchio non può campare” oppure “il legno stagionato brucia meglio ma dura poco”, pp. 134-135). Bellissimo è poi  l’invito a non bruciare le tappe e godere di ogni stagione della vita (“l’età che si vorrebbe avere, rovina quella che si ha”, p. 134).
Nelle considerazioni finali, Vitale tira le somme dei proverbi di Calatafimi. La ricerca di forme e maniere per “dare spazio al durevole” (p. 146) è forse il messaggio principale che viene estratto dal compendio di sapere locale che improvvisamente si rivela utile ad affrontare alcuni affanni globali.

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